Il Shou Sugi Ban: una tecnica del passato per il futuro

Quando abbiamo iniziato a capire sulla nostra pelle e sulla pelle del nostro pianeta quale fosse il prezzo di un progresso sregolato e consumistico, quando abbiamo dovuto quantificare l’esauribilità e la fragilità delle nostre risorse naturali, ci siamo resi conto di dover ripensare il concetto stesso di progresso.

Non è proseguibile la strada di uno sviluppo tecnologico acritico che non discuta e non cerchi rimedio a tutti quei mezzi e modi della produzione che avvelenano e ammalano la terra. Di fronte ad una rete di problemi tanto urgenti, uno dei modi di reagire è stato quello di riscoprire il patrimonio dei saperi tecnici che il mondo pre-industriale aveva accumulato e tramandato attraverso il filtro dei secoli.

Così, abbiamo ricominciato a piantare i grani antichi, a coltivare gli orti familiari – anche in città, a portare con noi stoviglie e contenitori personali e lavabili: in qualche modo, la saggezza domestica del passato ci aiuta a tracciare le linee del nostro futuro. Nel campionario di questi recuperi tradizionali che possono rappresentare un’alternativa ecologica a processi chimico-industriali, c’è un’antica tecnica giapponese di lavorazione del legno: il Shou Sugi Ban.

Vantaggi del Shou Sugi Ban

La tecnica del Shou Sugi Ban (焼杉板), che può essere tradotto letteralmente in “tavole di cedro bruciate”, consiste nel carbonizzare con una fiamma la superficie del legno, per renderlo più resistente agli agenti atmosferici, all’attacco dei parassiti, all’acqua e al fuoco stesso.

Questa tecnica nasce in Giappone ed è diffusissima sull’isola già dall’antichità finché, nel XX secolo, non viene sostituita dall’utilizzo massiccio di rivestimenti chimici, tinture, vernici e abbandonata quasi del tutto per l’aumento del prezzo del legname che, con la riduzione delle foreste Giapponesi, deve essere in buona parte importato.

Il vantaggio del Shou Sugi Ban, che non prevedendo alcun tipo di trattamento chimico è totalmente ecologico, è quello di migliorare alcune caratteristiche del legno. La carbonizzazione diminuisce l’umidità contenuta tra le fibre e chiude i pori del legno, rendendo la superficie compatta e dura. A questo punto le assi resistono molto meglio del normale a fonti di calore, acqua e umidità, parassiti e insetti e raggi UV.

Un altro vantaggio è il miglioramento della capacità isolante e fonoassorbente rispetto allo stesso legno diversamente trattato. Inoltre, privo di umidità e impermeabilizzato, il legno si dilata e si restringe pochissimo al variare di temperatura e umidità, cioè migliora la propria stabilità dimensionale.

Bruciare per costruire

A partire dal 2000 circa, questa tecnica è stata riscoperta da molti architetti, in particolare nel Nord Europa, che l’hanno sfruttata soprattutto per rivestimenti esterni e decorazioni su facciate. La nuova fortuna di questa lavorazione è dovuta anche alla relativa facilità di realizzazione, che non richiede né grandi mezzi né grandi spese.

Bisogna passare la fiamma in modo diretto sulla superficie delle assi fino a raggiungere un annerimento uniforme. Successivamente, per evitare che la combustione interessi il corpo del legno, e ne comprometta la resistenza, le assi vanno subito raffreddate con dell’acqua. Una volta asciutte, bisogna eliminare la polvere ed il detrito superficiale con una spazzola a setole metalliche. A questo punto il legno risulterà più compatto, ruvido e con le venature molto evidenti.

Se la tecnica tradizionale privilegiava il legno di cedro, oggi questa lavorazione si è estesa a numerose tipologie di legno differenti. In base al legno scelto e alla gestione della fase di combustione, il risultato, in termini di colori e sfumature può essere molto differente, andando da un nero antracite fino ad un grigio perla o a toni del marrone.

In questo senso, il Shou Sugi Ban un perfetto esempio di una tecnica antica che aggiunge il proprio valore e le proprie particolari soluzioni alle possibilità del design moderno. Si tratta di un recupero del passato che rideclina le conoscenze di cui è veicolo in un’ottica di progresso in grado di accogliere il meglio della propria tradizione per farsi sempre più sostenibile e a misura d’uomo.

di Gabriele Lattanzi